lunedì 30 aprile 2012

Paperina o olgettina


Prima ricognizione sul mercato della scarpa. L'obiettivo è un comodo decollété (più familiarmente decolté) con un tacco ragionevole, possibilmente largo (quei bei tacchi quadrati anni '70 così a prova di storte...). Niente punta (perchè incentivare l'alluce valgo quando se ne può fare a meno?). Per il colore nessuna preclusione (finchè non c'è il vestito...).
Insomma, il modello indossato da Paperina mi sembra l'ideale.

"Buongiorno, un modello con la punta più quadrata?"
"Ah, guardi che non è che è più comodo di queste a punta!"

"Buongiorno, il decolté in vetrina ma con il tacco più largo come nel modello invernale?"
"Mi dispiace per la nuova collezione solo tacchi a spillo"

"Buongiorno, vorrei vedere quelle scarpe"
"No, il suo numero non c'è ma provi pure il numero di meno, calzano benissimo!"

"Ecco queste sono perfette, me le può far provare dell'altro colore?"
"Non c'è, ma il beige va con tutto"

"Buonasera, c'è il mio numero del modello chiaro in vetrina?"
"Sì, lo prendo subito. Eccolo, è nero ma è molto elegante"

"Buonasera, vorrei vedere quella scarpa chiusa in vetrina"
"Guardi del suo numero c'è questa senza punta e con il cinturino dietro"

Vabbè provarci, ma neanche ascoltare le tue richieste... se avessi voluto però un modello con la zeppa, tacco 12 (o 14 o 16 o...), magari spuntate e di vernice le avrei trovate ovunque da via Torino a Paolo Sarpi. In comune la scomodità assoluta, l'impossibilità di muovere anche solo qualche passo e la garanzia di vesciche inopportune che trasformano la sposina nelle foto del "giorno più bello" in una pallida imitazione delle smorfie che pubblicizzavano il callifugo del dottor Ciccarelli.
Guardando il modello olgettina in vetrina vedo scorrere un flashback sul vetro: parcheggio MM Lampugnano, orde di ragazzi e ragazze che arrivavano non per la festa, una volta dell'Unità ora non so, ma da un raduno di papa boys e dalla notte bianca dello shopping. Non so la provenienza della fanciulla un po' ciciottina con lunghi capelli neri, accompagnato da un tamarro con gel e camicia sbottonata sul petto con ricrescita, ma ricordo le lacrime mentre cercava di raggiungere la macchina. Si muoveva con lo stesso timore di uno con i trampoli alle prime armi, ogni passo serrava la mascella e si appoggiava al tamarro stringendo forte il braccio mentre piangeva silenziosamente per il dolore. Ai piedi, rigorosamente nudi, delle scarpe scamosciate rosse con zeppa e tacco vertiginoso che probabilmente per togliersele avrà dovuto segare via come era già accaduto alla sfortunata protagonista di Scarpette rosse di Andersen, più che una fiaba un incubo.



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