sabato 2 giugno 2012

Burocrazia 2


Al secondo tentativo ci eravamo quasi riusciti. Ancora via Larga nel palazzo dell'anagrafe, ancora al primo piano, ancora con il nostro numerino ordinatamente in coda per prenotare il giorno del matrimonio.

Alla stanza 164 una cortese impiegata chiede generalità, documenti di identità e una marca da bollo da 14,62 euro (ahimé non prevista, per fortuna al piano terra c'è un bancomat...) e ci saluta congratulandosi con noi, siamo ufficialmente nubendi. Ma per fissare il giorno del matrimonio dobbiamo aspettare le pubblicazioni che saranno appese alla bacheca virtuale del'albo pretorio sul sito del comune (non so se le espongono ancora nelle bacheche reali poste nei corridoi al piano terra) per una settimana.

E così, dopo sette giorni, eccoci di nuovo, per la terza volta, nel palazzo dell'Anagrafe. I numerosi posti a sedere nell'atrio ampio e rotondeggiante al primo piano sono quasi tutti occupati, la gentile impiegata non aveva consigliato solo a noi di presentarci di lunedì per avere la certezza di celebrare le nozze il sabato!

Non c'è nessun numero da prendere. Inutile guardare il display sopra la macchinetta arancione che con fatica e del tutto inutilmente aggiorna progressivamente i numeri senza che nessuno si alzi per raggiungere le stanze nel corridoio di fronte, quelle dove entri nubile ed esci nubendo. La porta della stanza che catalizza gli sguardi dei presenti da direttamente sull'atrio, l'ingresso non è regolato da nessun codice numerico, e nessuno sa a chi toccherà.

Una grossa commessa barricata dietro la scrivania fa finta di non essere lì e non è di nessun aiuto. Sulla parete a destra su un grande e moderno tabellone luccicano degli altri numeri che cambiano rapidamente ma si riferiscono all'accesso alla stanza dei servizi funerari nell'altro corridoio. Cerco per logica l'indicazione della stanza per la registrazione delle nascite nel corridoio a sinistra, sarebbe la metafora perfetta come al Villaggio Crespi dove la via principale dopo aver costeggiato la chiesa e la fabbrica arriva al cimitero, ma non trovo segnalazioni.

Così, con questo inquitetante scatto dei numeri di sottofondo, guardo in giro cercando di capire chi è l'ultimo. Una veloce panoramica e inquadro le coppie già sedute o che arrivano in rapida successione, variegate per colore, età e sesso (cioè sempre un maschio e una femmina, già non sono riconosciute le coppie di fatto, figurati quelle omosessuali). Ci sono due giovani sudamericani, un nordafricano con signora dell'est, due cinesi giovani giovani che vista la ressa se ne vanno quasi subito, un'intera famiglia araba con bimbi, carrozzine e passeggini, un paio di stranieri che chiedono informazioni su separazioni e ricongiungimenti familiare e poi gli italiani con un'eta media intorno ai quaranta compresa la sottoscitta. Ci sono una coppia di quarantenni emozionati, una più che trentenne nervosetta, l'unica giovane fanciulla accompagnata dalla mamma (per prenotare non è obbligatoria la presenza di entrambi i futuri coniugi).

Dopo aver chiesto "Chi è l'ultimo?" mi metto in paziente attesa, ma come spesso capita una semplice domanda buttata in una coda disorganizzata da' fuoco alle polveri:
"Siamo noi" rispondono gli italiani sui quaranta che emozionati si tengono per mano
"Dopo quei signori ci sono io" aggiunge la più che trentenne agitando il piede e indicando una coppia seduta in fondo "devo tornare in ufficio, sono qui dalle 8.30, è il terzo matrimonio ma io sono agitata lo stesso, e chissà quando si esce da qui"
"Beh, ma mi sembra facciano in fretta, no?"
"Certo, ma poi non è finita. Bisogna pagare"
"E dove si paga?"
"All'ufficio cassa e se c'è coda anche lì, chissà che ora si fa. E poi bisogna tornare qui"
"Come tornare?"
"Ma tutti devono pagare?"
"Si può pagare con il bancomat?"
"Ma io sapevo che era gratuito per chi abita a Milano"
"Dobbiamo avvertire che ne avremo almeno fino a mezzogiorno"
Chi ha l'ardire di chiedere informazioni alla commessa ottiene solo degli "ehm, ehm" di risposta.
Nel frattempo entrano ed escono alcune coppie, qualcuno di dirige verso un corridoio dove scopro esserci la cassa. L'agitazione e l'impazienza comincia a dilagare, alla ricerca di notizie qualcuno cerca inutilmente di affacciarsi alla porta agognata dopo aver bussato.
Dopo mezzora il brusio è diventato un rimpallarsi di domande a voce sempre più alta e la porta finalmente si spalanca. L'impiegato appena uscito urla:
"Chi è la scema che continua a dire che c'è coda? La smettiamo o no?" e scompare di nuovo sbattendo la porta.
Cala il silenzio, ma giusto per un attimo e ricomincia un brusio questa volta indignato e tutto nazionale.
"Sono io la scema?" chiede la nubenda al terzo matrimonio 
"E ma che maniere..."
"Sì, ma non ha detto cosa fare"
La commessa alla scrivania continua i suoi esercizi di smaterializzazione e si nasconde dietro le pagine di Metro.

Finalmente tocca alla "scema" e un vago timore serpeggia tra chi è ancora in attesa quando si chiude la porta alle sue spalle, ci aspettiamo una lavata di capo da far vibrare i vetri della porta ma non si sente nulla.

Intanto, i primi che sono andati a pagare sono già tornati e aspettano di consegnare la ricevuta senza dover rifare la coda. I primi dubbi sull'attendibilità delle informazioni allarmistiche cominciano a diffondersi e la commessa, cogliendo l'attimo con una precisione che solo una pratica consolidata di osservazione del pubblico garantisce, emerge dalle pagine di Metro ed esce dal silenzio mormorando "E beh, ma a continuare a brontolare... un po' se l'è cercata...".

I sorrisi si smorzano, gli sguardi diventano imbarazzati e il pavimento sembra diventare improvvisamente più interessante della porta a vetri. Dopo aver letto il quotidiano, aggiornato l'agenda ed estratto un libro dalla borsa, arriva il mio turno.

Entro pronta ad affrontare il cerbero che però sorride e dice: "Adesso stia zitta e mi ascolti, le domande le fa dopo". Emerge un dubbio, che sia un training pre-matrimoniale? Alcuni comuni per prevenire le numerose separazioni organizzano corsi di introduzione alla vita di coppia, vuoi vedere che qui utilizzano l'approccio cognitivo-comportamentale per indirizzare gli sposi sulla retta via?

Ubbidiente prendo appunti e segno le domande, pazientemente poi lui le ascolta e risponde punto a punto anche alla più spinosa:
"E' vero che può celebrare il matrimonio un'amica?"
"Sì, ma l'officiante deve essere maggiorenne e non può essere un parente. Deve presentarsi qui con un documento d'identità"
"E i testimoni?"
"Maggiorenni e anche parenti"
"Per il giorno e l'ora?"
"Durante la settimana c'è posto, il sabato è rimasto qualcosa. La cerimonia dura 15 minuti, gli sposi devono arrivare 15 minuti prima per firmare e dichiarare se voglio la comunione o la separazione dei beni".

Per confermare il posto di sabato devo pagare alla famosa cassa dove effettivamente non c'è coda ma un bradipo che colleziona bicchierini colorati e li utilizza come segnali per le pile di fogli distribuite sulle scrivanie.

Torno dal cerbero paziente che  annota a mano su un grande registro data e orario e mi fornisce di istruzioni prestampate e numero di telefono per le informazioni inrimando: "Per qualsiasi dubbio chiami solo qui!".

Esco, ed emetto un sospiro di sollievo: wow, ce l'abbiamo fatta! Mi sento quasi come Asterix e Obelix:





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